Lasagnetta di carasau con ragu’ bianco di pesce
Delizia al Limone interamente artigianale
Se c’è un dolce in particolare che evoca le belle giornate, le passeggiate al mare e profumi di fiori che sbocciano è proprio la delizia al limone! Con l’inizio della primavera le mie passeggiate in Costiera Sorrentina si moltiplicano e con esse anche le mangiate di questi meravigliosi dolcetti tipici di questo luogo così incantevole. Avete mai assaggiato le delizie al limone? E’ un’esperienza sensoriale magnifica, ne mangerei due, tre consecutive senza mai stancarmi! Furono ideate per la prima volta dall’estro creativo di un pasticcere della Costiera Sorrentina, Carmine Marzuillo nel 1978, immancabili in ogni pasticceria della Campania. Sono delle cupolette di pan di spagna con bagna al limoncello e tanta crema diplomatica aromatizzata al limone, un vero connubio di sapori e profumi da far innamorare chiunque le assaggia per la prima volta. Dopo alcuni esperimenti sono arrivata finalmente alla mia ricetta definitiva quella che incontra i miei gusti personali, sono delicate e cremose e aromatizzate al punto giusto. Prepararle non è poi così difficile, se vi dividete le preparazioni in più step risulterà ancora più semplice. Un dolce perfetto per stupire i vostri ospiti in occasioni speciali, compleanni e ricorrenze, ottimo come dolcetto della domenica servito a fine pasto. Vi consiglio di provarle quanto prima… ne vale la pena
Delizie al limone
Ingredienti pan di spagna (5-6 delizie delizie al limone)
- 160-180 g di farina 00 ( oppure 100 g di farina e 60 di fecola)
- 6 uova medie (rigorosamente a temperatura ambiente)
- 160 g di zucchero semolato
N.b Nel vero pan di spagna non si aggiunge il lievito per dolci ma se vi sentite insicuri aggiungete 1 cucchiaino raso di lievito per dolci setacciato insieme alle farine.
Ingredienti per la crema al limone
- 2 uova
- 60 grammi di burro
- 100 gr di zucchero semolato
- 2 limoni non trattati (sia il succo che la buccia)
- 1 cucchiaino di amido di mais
Ingredienti per la crema pasticcera al limone
- 500 ml di latte intero
- 120 g di zucchero semolato
- 50 g di farina 00 o 45 g di amido di mais
- 4 tuorli
- buccia grattugiata di un limone
Ingredienti per la bagna al limoncello
- 120 ml di acqua
- 50 ml di limoncello
- 1 cucchiaio di zucchero
- buccia di un limone (facoltativa)
Procedimento per il pan di spagna
- Preriscaldate il forno in modalità statica a 180°.
- Montare le uova, lo zucchero ed il pizzico di sale con una planetaria oppure con delle fruste elettriche a velocità media per almeno venti minuti, dovrete ottenere un composto chiaro e spumoso, triplicato di volume.
- Aggiungete la farina 00 e la fecola di patate setacciate ( ed il lievito) in più riprese
ed incorporatele con una spatola delicatamente dal basso verso l’alto. - Versate il composto ottenuto negli stampini sferici in silicone, stampini per delizie o in ultimo caso in pirottini di alluminio ben imburrati se non riuscite a reperirli.
- Cuocete in forno statico a 170°-180° per circa 15 minuti.
- Fate raffreddare completamente ed estraeteli dagli stampini.
- Nel frattempo preparate la crema al limone.
Procedimento crema al limone
Grattugiate la buccia dei due limoni e filtratene il succo. Fondete il burro a bagnomaria, unite il succo e la buccia dei limoni, lo zucchero, il cucchiaino di amido di mais e le due uova intere. La cottura deve avvenire a fiamma dolcissima, mescolando continuamente con una frusta. Cuocere fino a quando la crema non si addensa. Se dovessero formarsi dei grumi, passate la crema in un mixer. Mettete da parte e fate raffreddare.
Procedimento per la crema pasticcera al limone
La crema al limone è molto versatile, dal sapore fresco e delicato. Se siete amanti dei dolci al limone è utile in numerose preparazioni di torte, crostate, biscotti e dessert al cucchiaio. Questa crema la preparo da sempre e la uso spesso non è altro che la versione della mia crema pasticcera aromatizzata ovviamente al limone. Potete regolare la quantità di limone in base ai vostri gusti personali, provatela perchè è una vera delizia!
Crema al limone
Ingredienti
- 500 ml di latte intero
- 160 gr di zucchero
- 50 gr di farina 00 o amido di mais
- 4 tuorli
- buccia 3 limoni non trattati (a secondo dei gusti personali)
Procedimento
- In una ciotola sbattete con una frusta elettrica oppure a mano i tuorli con lo zucchero ottenendo così una composto leggermente spumoso. Aggiungete la farina e mescolate.
- In un pentolino a parte portate ad ebollizione il latte insieme alle bucce di limone quando sfiorerà il bollore allontanatelo dal fuoco.
- Eliminate le bucce e versate metà del latte caldo sul composto di uova, zucchero e farina.
- Trasferite il tutto di nuovo nel pentolino e portate ad ebollizione aggiungendo il restante latte, mescolate per bene per evitare grumi con una frusta a mano.
- La crema dovrà addensarsi.
- In questo modo otterrete una delicata crema al limone. Se preferite un gusto ancora più deciso ed intenso aggiungete anche un po’ di buccia grattugiata di limone finemente in ultimo, facendo attenzione a non grattugiare la parte bianca.
- Fate raffreddare e coprite con pellicola trasparente.
- Conservate la crema al limone in frigorifero fino ad utilizzo, per massimo due giorni.
Procedimento per la bagna al limoncello
In un pentolino portate a bollore l’acqua insieme alla buccia di limone e al cucchiaio di zucchero. Spegnete ed aggiungete il limoncello. Fate raffreddare completamente e passate con un colino se avete aggiunto anche la buccia di limone.
Composizione delle delizie al limone
Unite le due creme: crema al limone + crema pasticcera al limone. Se notate dei grumi passate la crema al mixer. Aggiungete 200 di panna montata ed incorporatela delicatamente alle due creme con una spatola. La panna avanzata (circa 50 g) servirà per la copertura. Adesso bisognerà farcire ogni delizia al limone.
Le alternative sono due :
1) Con l’aiuto di una sac à a poche riempite dalla base le delizie al limone con la crema diplomatica.
2) Scavate con un coltello il centro alla base di ogni delizia al limone, scavate con cucchiaino creando spazio per la farcitura. La parte rimanente servirà per chiudere la sfera di pan di spagna quindi mettete da parte. Bagnate con un pennellino l’interno ed i bordi della sfera ed aggiungete la crema diplomatica al limone. Richiudete con il pan di spagna messo da parte e procedete in questo modo per tutte le delizie.
Appena farcite tutte le delizie al limone, bagnate anche tutta la loro superficie con la bagna al limoncello rimanente.
Appoggiate le delizie al limone su di una gratella in modo da poterle ricoprire per bene e raccogliere la crema rimanente. Per la crema di copertura aggiungere alla crema diplomatica rimanente la panna montata rimanente, dovrete ottenere una crema fluida non troppo soda in modo da farla scivolare e ricoprire per bene ogni delizia al limone. Se necessario aggiungere 2-3 cucchiai di latte o panna per renderla più fluida. Regolatevi man mano per ottenere una consistenza perfetta. Ricoprite ogni delizia al limone facendo colare per bene la crema e fate riposare in frigorifero per circa 1-2 ore. Più riposano e più sono buone.
Prima di servirle ricoprite con ciuffetti di panna la base e servite le vostre delizie al limone… sentirete che bontà! 😉
Soufflé di patate
Dosi & Ingredienti
- DOSI PER 4 persone
- DIFFICOLTÀ molto bassa
- 200 g patate
- 40 g burro
- 4 cucchiai panna da cucina
- 2 uova
- 1 pizzico noce moscata
- 1/2 cucchiaio di pane grattugiato
- sale
- pepe.
Preparazione
Lessare in acqua salata le patate con la buccia accendere il forno e regolarlo a 190°C. Separare i tuorli dagli albumi. Quando le patate saranno cotte sbucciarle e schiacciarle con il passaverdura o con l’apposito attrezzo raccogliendo il passato in una casseruola.
Porre sul fuoco e aggiungere 20 g di burro e la panna mescolando con il cucchiaio di legno per amalgamare bene il tutto. Togliere dal fuoco ed incorporare mescolando velocemente i 2 tuorli.
Lasciar raffreddare rimescolando di tanto in tanto. Imburrare uno stampo e spolverizzarlo con il pane grattugiato.
Montare a neve ferma le chiare delle uova ed incorporarle al composto ormai freddo con movimenti delicati. Versare il composto nello stampo avendo cura di non riempirlo oltre i 2/3 ed infornare a 190°C per 25 minuti durante i quali non dovrà essere mai aperto il forno. Quando sarà ben gonfio e dorato estrarlo dal forno e servirlo immediatamente.
E’ ottimo sia per accompagnare un piatto di formaggi e salumi che come contorno ad una pietanza di carne
Gnocchetto
Gnocchetti con pesce spada e cavolo rosso
Carpaccio di pesce spada con crema allo yogurt
Caccavella di gragnano gigante ripiena di pesce fresco
BROWNIE CHEESECAKE
Ingredienti per una brownie cheesecakeda 22-24 cm di diametro
Per la base brownie
- 80 g di farina 00
- 30 g di cacao amaro
- 90 g di zucchero semolato
- 1/2 cucchiaino raso di lievito per dolci
- 2 uova medie
- 120 g di burro fuso
- 1 cucchiaino di aroma vaniglia
- 1 pizzico di sale
Per il ripieno
- 500 g di Philadelphia
- 200 g di ricotta comune da banco (sostituibile con mascarpone)
- 160 ml di panna fresca ( la trovate nel banco frigo)
- 3 uova medie
- 120 g di zucchero semolato
- 1 cucchiaino raso di amido di mais
- 1 cucchiaino di aroma vaniglia
Per la copertura
- 200 g di cioccolato fondente
- 150 g di panna per dolci
Procedimento brownie cheesecake
- In una ciotola aggiungete la farina 00, il cacao amaro, lo zucchero semolato ed il lievito per dolci e mescolate con una frusta a mano.
- Aggiungete le uova ed il burro fuso continuando a mescolare, l’aroma vaniglia ed il pizzico di sale. Mescolate fino a creare un composto omogeneo.
- Versate il composto in una tortiera da 22-24 cm di diametro a cerchio apribile completamente coperta con carta forno sia la base che i bordi.
- Livellate per bene e cuocete in forno statico e preriscaldato a 170° per circa 20-25 minuti. I tempi variano da forno a forno, controllate con uno stecchino se asciutto è pronta. Non proseguite troppo la cottura altrimenti si asciuga molto.
- Nel frattempo mentre cuoce la base preparate il ripieno.
- In una ciotola aggiungete il formaggio Philadelphia, la ricotta, lo zucchero, l’aroma vaniglia, il cucchiaino di amido di mais e mescolate con le fruste elettriche.
- Aggiungete le tre uova, una alla volta continuando a mescolare con le fruste elettriche ed in ultimo la panna fresca, fino a creare un composto cremoso ed omogeneo.
- Versate il composto sulla base brownie precedentemente preparate e livellate con una spatola.
- Cuocete in forno preriscaldato e statico a 170° per circa 50-60 minuti. I tempi variano a secondo del forno, se dovesse scurirsi troppo la superficie durante la cottura coprite con carta d’alluminio. Non proseguite troppo la cottura altrimenti si asciuga troppo.
- Trascorso il tempo di cottura anche se vi sembrerà leggermente tremolante al centro aprite leggermente il forno e fate uscire il vapore. Lasciate riposare la cheesecake con lo sportello del forno aperto per circa 30 minuti.
- Estraete poi la cheesecake dal forno e fate completamente raffreddare. Nel frattempo preparate la copertura.
- Riscaldate la panna in un pentolino, attenzione a non farla bollire.
- Versate la panna sul cioccolato tritato a pezzettini, attendere qualche secondo e poi mescolate completamente.
- La copertura al cioccolato è pronta.
- Versatela tutta sulla superficie della brownie cheesecake. Fate completamente raffreddare e poi trasferitela in frigorifero per almeno due-tre ore.
Note e miei consigli:
- Usate la corretta dimensione della tortiera altrimenti non vi troverete con le dosi.
- La base brownie cuoce poco e dopo viene ricoperta con un composto umido quindi non rischia per niente che bruci. Tenete conto però del vostro forno io ho cotto per 20-25 minuti circa, controllate con uno stecchino se asciutto è pronta.
- Attenzione alla cottura in forno del ripieno non deve cuocere troppo altrimenti si indurisce. Dopo la cottura tenderà ad abbassarsi è normale.
- Il cioccolato fondente della copertura può essere sostituito con quello al latte diminuendo un po’ la dose di panna, personalmente non lo preferisco perchè la copertura è dolce ma se non lo preferite potete tranquillamente sostituire
Maialino croccante a bassa temperatura con salsa alle arance su vellutata di patate
Maialino croccante a bassa temperatura con salsa alle arance su vellutata di patate
INGREDIENTI:
- 1 coscia di maialino
- 1 arancio
- un bicchierino di soia
- un bicchierino di miele
- 1 patata
- un bicchierino di panna
- sale, olio q.b.
Preparazione
1- Iniziate disossando la coscia di maialino e ricavandone di conseguenza dei pezzi privi di osso. Metteteli in un sacchetto per il sottovuoto con sale, pepe e un filo d’olio evo.
2- Aspirate l’aria e cuocete a 67 gradi per 12 ore.
3- Ne frattempo, in un pentolino, versate la soia, il succo di arancia (che avete precedentemente spremuto) e il miele. Fate ridurre ad una salsina abbastanza cremosa e tenete al caldo.
4- Tagliate a pezzetti la patata e fate bollire per circa 15 minuti. Scolate e frullate ad immersione, aggiungendo la panna il sale e un filo d’olio.
5- Otterrete una crema morbida e molto chiara.
6- Passate le 12 ore, estraete il maialino e porzionatelo in parallelepipedi. In una padella versate un giro d’olio e portate in temperatura.
7- Rosolate i parallelepipedi di maialino dalla parte della pelle, fino a renderla croccante.
Presentazione
Versate in un piatto chiaro e piano, una striscia di crema di patate, adagiate il maialino e versate un cucchiaio di salsa alle arance
Ostriche. Quali sono le migliori? Francesi, irlandesi o italiane?
Ora, accontata la statistica, possiamo anche metterla da parte e concentrarci su questa prelibatezza che comunque non è una prelibatezza per tutti. Bisogna saperla apprezzare e conoscere.
Le ostriche hanno due valve diverse, con l’inferiore, alla quale è attaccato l’animale, più grande e incastonata nella superiore. Non devono essere confuse con altre varietà, presenti soprattutto nelle acque orientali, che producono perle. Quelle che troviamo nei mercati e in pescheria sono della varietà piatta e di quella concava e provengono dai principali allevamenti europei. La varietà più apprezzata in cucina è la Bèlon, un’ostrica piatta, dalla forma rotonda, già conosciuta ai tempi dei Romani e amata per il suo gusto morbido e poco salmastro.
Non basta aprirle e mangiarle
Le ostriche vanno “affinate” per qualche giorno prima di essere consumate. Non è il vero affinamento, quello avviene in acqua: ma ricordiamoci che sono vive, dopo il trasporto arrivano stressate e vanno lasciate a riposo per un giorno intero nella loro confezione, a una temperatura compresa tra 2 e 8 °C. Poi le togliamo dalle cassette e le disponiamo con la parte concava del guscio rivolta verso il basso, sempre tenendole al freddo. Trattate in questo modo le ostriche non solo possono essere conservata 8-10 giorni, ma addirittura migliorano, diventano più morbide, meno aggressive. Prima di essere servite vanno aperte, si elimina l’acqua e si lasciano un minuto sul ghiaccio, il tempo necessario affinché l’ostrica formi nuovamente del liquido: questo significa che è viva, quindi fresca. Mai mangiare un’ostrica asciutta che, se lasciata riposare, non produce altra acqua.
Ecco un decalogo suggerito da Vanity Fair:
- Il periodo migliore per mangiarle: nei mesi freddi, da settembre ad aprile.
- Per capire se sono fresche valutate il loro peso: se conservano la loro acqua significa che sono vive. Quando non vanno mangiate: se il guscio è aperto, se hanno un cattivo odore, se non contengono acqua. Se le trovate a un buffet l’acqua potrebbe essere stata aggiunta: toglietela e aspettare un minuto affinché si riformi. Se lo fa significa che si è rigenerata.
- Come si aprono: con l’apposito coltellino, simile a quello del Parmigiano. La punta va appoggiata nell’insenatura che si trova a circa 2/3 della lunghezza del guscio, si fa pressione fino a che non si sente un clic: una leggera spinta verso l’alto separa le due conchiglie.
- Per migliorare il sapore: quando le aprite aspettate qualche minuto per lasciare che riacquistino gusto e croccantezza.
- Come mangiarle: l’ostrica va scalzata dal guscio, girata con la forchetta e sorbita senza appoggiare però il guscio esterno al labbro inferiore, per evitare il contatto con eventuali impurità.
- Come servirle: con salse di accompagnamento, ma ciascuna varietà ha caratteristiche diverse, a seconda del mare e della profondità a cui è cresciuta, quindi meglio degustarle al naturale.
- Si mette il limone? Questione dibattuta: meglio di no, perché alterarne il gusto? (Vedi sotto la differenza tra Italia e Francia)
- La grandezza giusta: le ostriche si misurano in calibri, da 5 a 0, dove lo 0 rappresenta la più grande. Le migliori e più pregiate sono la via di mezzo.
- Il prezzo: costano circa 20 euro al kg, che equivale a circa 10/2 ostriche di media grandezza, ma quelle più pregiate possono costare molto di più. Non acquistatele se costano meno di 2 euro.
- L’abbinamento: sono perfette se accompagnate da Champagne, spumante extra brut, vino bianco fermo e secco, talvolta anche con vini passiti. Sempre adatta, la vodka.
Le ostriche non si masticano, si ingoiano.
Differenze tra Italia e Francia.
Pepe e Limone
In Italia è il modo più gettonato. Portate in tavola il vostro vassoio di ostriche già aperte, un piattino con le fette di limone tagliate per la lunghezza e non per la larghezza (evitiamo l’effetto fettine da tè, per carità), un bella macina contenente un qualche pepe che valga la pena, mi verrebbe da dire Sichuan. Il rituale è semplice: prendere l’ostrica, spremere all’interno un pochino di limone, aggiungere un giro di pepe, spalancare le fauci e gustare, come sopra.
Alla francese.
Dei cugini francesi possiamo dir tutto, tranne che a tavola non sappiano come godersela. Il metodo è il mio preferito: sminuzzate uno scalogno e fatelo marinare nell’aceto di vino bianco. Bruscate qualche fetta di pane e ricopritela con abbondante burro non salato di qualità. Quindi: prendete l’ostrica, conditela con un pochino di scalogno marinato in aceto e aggiungete un sospetto di pepe. Dopo aver gustato e ingoiato, azzannate un pezzo di pane e burro. Champagne a volontà.
Alla Napoleone.
Napoleone, quando non si trovava in battaglia, usava riempire un vassoio con ghiaccio tritato sul quale sistemava alcune foglie di lattuga. Su di esse, disponeva le ostriche aperte. Intanto emulsionava sale, pepe, Cognac e succo di limone e vi aggiungeva persino un goccio d’olio. Condiva i molluschi con la salsina e serviva direttamente in tavola. Potete provare.
Mangia e bevi.
La morte sua, lo sappiamo, è il Muscadet, vino bianco della Loira sufficientemente acidulo, sapido e fresco. Lo champagne va bene sempre, ma il vero RITUAL, ossia l’azione di mangiare e ingoiare repentinamente con alcolico a seguire, si realizza con la vodka.
Gamberi rossi e viola: quale la differenza?
A rendere diverso il gambero rosso da quello viola è la colorazione delle uova feconde presenti nelle gonadi, che nei gamberi si trovano sotto il carapace, in prossimità della testa.
In cucina sono due prodotti pregiatissimi della pesca. Tipici del Mar Mediterraneo entrambi i gamberi hanno un alto valore di mercato dettato dal gusto eccellente ma dalle ottime qualità nutrizionali. Il gambero rosso, a differenza del gambero viola, è più presente sui banconi dei mercati nazionali, questo perché la sua presenza è più massiccia sui fondali meno profondi.
Le due specie di gamberi presentano differenze che è utile conoscere per esaltarne i rispettivi gusti nella preparazione: la carne del gambero viola, infatti, abbina a un gusto più delicato una maggiore consistenza: essendo più croccante e resistente al palato di quella del gambero rosso, gustata cruda dà il meglio di sé. Quanto al gambero rosso, presenta una consistenza più morbida ma un profumo e un gusto più marcato, quasi inebriante: per questo è meglio utilizzarlo per le ricette che lo prevedono cotto o comunque prevederne almeno una scottata.
Non sempre la scelta è possibile: il gambero viola, infatti, non è sempre disponibile sul mercato, contrariamente al più comune gambero rosso che invece si trova 365 giorni all’anno.
Il gambero rosso
E’ un prodotto che si può trovare sui banchi del pesce fresco o congelato. Solitamente le imbarcazioni da pesca a strascico escono in mare per più giorni e sono solite congelare il prodotto a bordo, per tal motivo è più difficile trovarlo fresco. I pescatori di Mazara del Vallo per catturare il gambero rosso, andavo sino a Gibilterra, per poi oltrepassare lo stretto alla ricerca dell’oro rosso. Oggi sembra che la popolazione di questi gamberi non sia in sofferenza e ve ne siano abbondanti scorte tra Cipro e la Turchia.
Normalmente cucinato intero dopo averlo ben lavato e risciacquato. E’ ottimo alla griglia, al forno o sgusciato per preparare primi piatti o antipasti.
Il prezzo dipende da due fattori principali: la conservazione e la taglia. Se il gambero eè fresco e di taglia grande può costare sino a 40 euro al Kg, scendendo di prezzo con il ridursi della taglia e del modo di conservazione.
Il gambero viola
Come per il gambero rosso, questa specie viene pescata con le reti a strascico. Lo possiamo trovare quindi sui banchi del pesce sia fresco che congelato.
Esattamente come il gambero rosso. A forno o alla griglia, in antipasti o in primi. Il gambero rosso viene degustato dai pescatori direttamente crudo. Anche se di uso comune consigliamo di non farlo e di abbattere il prodotto in congelatore per almeno 24 ore prima di consumarlo.
Il prezzo varia anche qui a seconda della taglia, della disponibilità e se fresco o congelato. In alcuni periodi dell’anno può arrivare anche a costare 50/60 euro al Kg.
Semplicemente ragu’ di pesce
Spuma di tiramisù
ingredienti
procedimento
ingredienti
Ingredienti:
200 gr mascarpone
100 ml panna da montare non zuccherata
100 gr zucchero semolato
2 uova freschissime
2 cucchiaini di caffè solubile
1 pizzico di sale
4 o 5 savoiardi
1 tazzina di caffè zuccherato
cacao per decorare
procedimento
Procedimento:
Fate scaldare leggermente la panna e scioglietevi dentro il caffè solubile insieme a un cucchiaio raso di zucchero che prenderete dal totale. Montate in una ciotola i tuorli delle uova insieme al resto dello zucchero fino a che non otterrete una schiuma gonfia e biancastra. Montate a parte gli albumi con un pizzichino di sale. Quando la panna e il caffè saranno completamente raffreddati montateli bene con le fruste elettriche. Unite ora i tre composti compreso il mascarpone lavorato a Crema mettendo prima i tuorli zuccherati, poi la panna e il caffè e quando saranno ben amalgamati aggiungete anche gli albumi montati a neve con una spatola mescolando delicatamente dal basso verso l’alto cercando di non smontare tutto. Mettete un cucchiaio di spuma di tiramisù nella coppa dove lo servirete mettete dei pezzetti di savoiardi inzuppati nel caffè zuccherato e sopra ancora la spuma di tiramisù da coprire completamente i savoiardi. Lasciate rapprendere in frigo per 1 ora circa e prima di servirla spolverizzate con cacao amaro.
Raviolo funghi porcini e formaggio di fossa
Coltelli da cucina professionali
Coltelli da cucina professionali
I nostri consigli per il coltello da cucina: lame, manici, professionali e da casa
Il coltello è senza dubbio l’attrezzo più comune per cucinare: indispensabile per preparare qualsiasi pietanza, assolve le fondamentali funzioni di tagliare e pelare (o sbucciare) gli alimenti.
Esistono tantissime tipologie di coltelli, di forme molto diverse a seconda del tipo di utilizzo che se ne deve fare, e che sono rivolte sia si professionisti ristoratori sia a chi cucina nella propria abitazione. Un coltello da cucina di qualità si riconosce per l’ergonomia, la punta affilata e la durezza della lama, che può essere in acciaio o in ceramica. Tuttavia, per poter svolgere bene i più comuni lavori di cucina non è necessario possederne un gran numero e, semplificando le cose, possiamo dire che i modelli principali sono riconducibili a cinque tipologie di coltello.
Cinque tipologie di coltello per tutti gli usi
Chiamato anche coltello chef, è il coltello più usato e quello di utilizzo più generale: ideato per il taglio delle carni, può andar bene per tagliare, tritare e sminuzzare un po’ di tutto. Ha generalmente una lama in acciaio duro, lunga 20-25 cm e massiccia, per resistere ai colpi contro il tagliere; date le sue ampie possibilità di impiego, è senza dubbio il modello sul quale conviene investire di più.
Detto Santoku, cioè “Tre virtù” o anche “coltello orientale” perché con la sua inconfondibile forma rappresenta il tipico coltello da cuoco asiatico. Leggero e sottile, lungo da 18 a 22 cm, ha una lama molto affilata e piuttosto piatta, fatta apposta per favorire l’appoggio sul tagliere in modo da fungere da fulcro mentre si affettano le verdure e la frutta con colpi rapidi e ripetuti. Molto utilizzato per le verdure e la frutta.
Ha una lama seghettata per facilitare il taglio di pane o di alimenti con interno morbido e una buccia o crosta esteriore. E’ un tipo di coltello per il quale, dato il tipo di utilizzo semplice, non vale la pena spendere una parte importante del proprio budget.
È un coltello piccolo, con lama di 8-11 cm, che – a seconda della forma specifica – si usa o per lavori di precisione, molto specializzati (come pulire il pesce o per creare decorazioni con la frutta) o per tagliare/pelare cose di ridotte dimensioni.
A sé stante, c’è poi una quinta tipologia di coltelli, in stile giapponese, detta Hasaki.
“Ha-Saki” è un’espressione giapponese che significa “bordo tagliente” e identifica un gruppo di coltelli molto particolari: innanzitutto il materiale con cui sono realizzati è un acciaio inossidabile speciale all’azoto, il che gli conferisce sia una durezza elevatissima sia una resistenza alla corrosione superiore, grazie alla microstruttura uniforme che – grazie a questa tecnica di lavorazione – si riesce ad ottenere.
In secondo luogo, secondo la tradizione giapponese, i coltelli Hasaki hanno l’affilatura solo su un lato della lama: il vantaggio di questa caratteristica è che il materiale tagliato entra a contatto della lama con un attrito ridotto al minimo ed inoltre – si dice – il taglio viene meglio e in modo più netto.
Il contraltare di una lama affilata solo da un lato è che è più difficile da usare e, a parità di lavoro, richiede un’abilità maggiore.
Quale lama scegliere?
Sostanzialmente, ogni coltello è composto da due parti: una lama, più o meno lunga, e un manico.
Le lame dei coltelli possono essere realizzate in due tipi di materiale:
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- Acciaio inox
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di tipo martensitico altolegato, vale a dire un tipo di acciaio ad alto contenuto di carbonio e con una grande percentuale di metalli leganti come il Cromo, il Nichel, il Vanadio e il Molibdeno: questo conferisce al materiale grande durezza (per mantenere a lungo l’affilatura) unita ad una grande resistenza alla corrosione. Le lame in acciaio possono essere prodotte per stampaggio (quando la sagoma viene ritagliata da una lamiera) oppure per forgiatura (quando la lama è ottenuta lavorando progressivamente un semilavorato). Un acciaio di qualità non si sfalda nell’utilizzo, così da non lasciare residui pericolosi nel cibo e garantire una lama sempre perfetta al taglio.
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- Ceramica
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ovvero un materiale ottenuto da polvere di una speciale ceramica – detta Zirconia – stampata a pressione a freddo e poi sinterizzata a temperatura superiore ai 1000 °C. Le lame in ceramica sono durissime, seconde in durezza solo al diamante e per questo hanno un’ottima capacità di taglio e un’affilatura che mantengono a lungo; per converso sono molto fragili e, se sbattute su oggetti o superfici dure, si scheggiano con facilità. Il nostro consiglio è di non usare un tagliere troppo rigido per evitare che i colpi decisi alla lunga rompano la lama.
Un coltello per ogni tipologia di alimento
Per prevenire la contaminazione incrociata dei cibi nella ristorazione professionale, le norme HACCP stabiliscono un sistema di codifica dei colori in base al quale, oltre che per la forma, i coltelli e la loro destinazione d’uso vengono classificati e resi riconoscibili grazie al colore del manico:
Anche se può sembrare scontato, si deve sempre tener presente che i coltelli sono strumenti potenzialmente pericolosi, che vanno usati con la massima attenzione e adottando una serie di accortezze:
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- non bisogna mai verificare se la lama è affilata facendovi scorrere sopra un dito! Sembra scontato dirlo ma è un evento che capita più spesso di quanto non si pensi;
- i coltelli non devono essere lasciati nel catino dei piatti, nascosti da altre stoviglie o dall’acqua insaponata. Lavateli sempre subito dopo l’utilizzo e riponeteli con cura nell’apposita confezione;
- se riposti in una fascia magnetica, questa deve essere posizionata fuori dalla portata dei bambini;
- non bisogna posizionare i coltelli in zone tali da facilitarne la caduta (ad esempio, sul bordo di un tavolo)
- non si devono usare coltelli con il manico unto, perché potrebbero sfuggire di mano.
Gambero rosso vs Gambero viola
Il gambero rosso ed il gambero viola, due specie pregiatissime tipiche del Mar Mediterraneo che spesso vengono confuse. Vediamo come riconoscere queste due specie di gamberi.
In cucina sono due prodotti pregiatissimi della pesca. Tipici del Mar Mediterraneo entrambi i gamberi hanno un alto valore di mercato dettato dal gusto eccellente ma dalle ottime qualità nutrizionali. Il gambero rosso, a differenza del gambero viola e’ più presente sui banconi dei mercati nazionali, questo perché la sua presenza e’ più massiccia sui fondali meno profondi (soprattutto di notte quanto le imbarcazioni da strascico vanno in pesca).
Il Gambero Rosso
Il gambero rosso, dal nome scientifico di Aristaeomorpha foliacea, vive su fondali fangosi e la sua presenza e’ accertata in tutti gli oceani. Nel Mediterraneo e’ molto comune, tanto da essere divenuto un prodotto tipico delle regioni del Sud Italia. In particolare e’ la marineria di Mazara del Vallo ad aver fatto del gambero rosso il suo emblema. Il gambero rosso e’ diffuso tra i 250 ed i 1300 metri di profondità. Nella specie esiste una sorta dimorfismo sessuale, dove e’ la femmina ad essere piu’ grande del maschio. Se le femmine infatti possono raggiungere i 23 cm di lunghezza, i maschi non superano mai i 20 cm. In particolare il rostro dei maschi e’ piu’ corto di quello delle femmine.
Di cosa si nutre il gambero rosso
La sua dieta e’ principalmente composta da invertebrati e da krill.
Come lo trovo al mercato
E’ un prodotto che si puo’ trovare sui banchi del pesce fresco o congelato. Solitamente le imbarcazioni da pesca a strascico escono in mare per piu’ giorni e sono solite congelare il prodotto a bordo, per tal motivo e’ piu’ difficile trovarlo fresco. I pescatori di Mazara del Vallo per catturare il gambero rosso, andavo sino a Gibilterra, per poi oltrepassare lo stretto alla ricerca dell’”oro rosso“. Oggi sembra che la popolazione di questi gamberi non sia in sofferenza e ve ne siano abbondanti scorte tra Cipro e la Turchia
Come si cucina
Normalmente cucinato intero dopo averlo ben lavato e risciacquato. E’ ottimo alla griglia, al forno o sgusciato per preparare primi piatti o antipasti.
Quanto costa il gambero rosso
Il prezzo dipende da due fattori principali: la conservazione e la taglia. Se il gambero e’ fresco e di taglia grande puo’ costare sino a 40 euro al Kg, scendendo di prezzo con il ridursi della taglia e del modo di conservazione.
Il Gambero Viola
Il gambero viola, Aristeus antennatus, risulta meno presente in Mediterraneo rispetto al gambero rosso, questo non vuol dire che gli stock siano in deficit, ma che la cattura di questa specie e’ piu’ ardua, dato che vive in a profondità piu’ elevate. Effettua spostamenti verticali, passando da una profondità’ di 150 metri (di notte) ad una di 800 metri (di giorno). A dispetto del nome, anche il gambero viola e’ rosso di colore, ma con delle sfumature tendenti al violaceo ed all’azzurro. Vive in gruppi numerosissimi sino a 1400 metri di profondità. E’ presente in Mediterraneo in tutta la zona FAO 37 ed in piccola parte anche ad est dell’Oceano Atlantico. Un prodotto dal gusto unico, interessante anche dal punto di vista nutrizionale. Se congelato a bordo, il gambero viola non altera il sapore.
Di cosa si nutre il gambero viola
Il gambero viola si nutre di molluschi e piccoli crostacei marini. E’ ghiotto di bivalvi, in particolare della Nucula.
Come lo trovo al mercato
Come per il gambero rosso, questa specie viene pescata con le reti a strascico. Lo possiamo trovare quindi sui banchi del pesce sia fresco che congelato.
Come si cucina
Esattamente come il gambero rosso. A forno o alla griglia, in antipasti o in primi. Il gambero rosso viene degustato dai pescatori direttamente crudo. Anche se di uso comune consigliamo di non farlo e di abbattere il prodotto in congelatore per almeno 24 ore prima di consumarlo.
Quanto costa il gambero viola
Il prezzo varia anche qui a seconda della taglia, della disponibilità e se fresco o congelato. In alcuni periodi dell’anno puo’ arrivare anche a costare 50/60 euro al Kg.
Come faccio a riconoscere le due specie
Sono due i caratteri che ci permettono di riconoscere la differenza tra gambero rosso e gambero viola. La prima e’ il colore, ma da sola non puo’ bastare. Infatti, come già detto, il gambero viola e’ rosso di colore con delle sfumature dal viola all’azzurro. Guardare questo unico carattere non e’ sufficiente. Invece, quello che veramente caratterizza questi due crostacei e’ la presenza di dentelli sul rostro che sono 3 nel gambero viola, 5-6 nel gambero rosso.
Risotto al brodo di cavolo rosso con gamberi e limone
Crema di zucchine, speck croccante e mele…
Baccalà
Baccalà in bassa temperatura, come conservare i sapori
Cotto sottovuoto e guarnito con una bronuoise di zucchine e mele verdi e peperoni cruschi.
Esplosione di gusto, Tartufi e Porcini
filetto di orata
Vellutata di rucola con straccetti di maiale e toast di asiago
Paccheri rughetta, pomodorini, alici, ricotta salata e taralli sbriciolati…..
Tartufi
I TARTUFI IN ITALIA
Le diverse specie di tartufi vengono determinate in base a diverse caratteristiche come forma e dimensione, colore ed aspetto del peridio e della gleba, profumo e sapore. Questa classificazione riconosce oltre sessanta varietà a livello mondiale, venticinque sono presenti anche in Italia, nove delle quali sono considerate commestibili.
I TARTUFI COMMESTIBILI
Tartufo bianco pregiato (Tuber Magnatum, tartufo bianco di Alba o di Acqualagna)
Considerato il tartufo per antonomasia, ha una forma a globi o appiattita, irregolare, con pezzature molto variabili, anche oltre il chilo. L’esterno può avere un colore che spazia dall’ocra al giallo molto chiaro ed in alcuni casi presentare macchie rosso scuro tendenti al marrone. All’interno sono presenti molte venature ramificate bianche, o rosa intenso, o marrone chiaro. Il profumo è marcato e gradevole. Il tartufo bianco pregiato cresce spontaneamente solo in Italia, nel canton Ticino, in Istria ed in alcune aree di Ungheria, Romania, Serbia e Slovenia. Si trova dalla tarda estate fino all’inizio dell’inverno. Negli ultimi anni l’eccessivo sfruttamento e la diminuzione delle superfici boschive hanno portato ad un calo produttivo di questo prezioso prodotto, non compensato dalle poche tartufaie coltivate entrate in produzione.
Tratufo nero pregiato (Tuber Melanosporum, tartufo nero di Norcia)
Dopo il bianco pregiato è il più valutato a livello commerciale. Il corpo ha forma globosa od occasionalmente a lobi, con dimensioni che possono raggiungere anche quelle di una grossa mela. Il peridio è rugoso, di colore bruno/nero, la gleba è bruna o nero-rossastra, con venature ramificate sottili e chiare. Il profumo è intenso, fruttato ed aromatico. E’ coltivabile in tartufaia e si trova naturalmentein Italia, Francia e Spagna durante l’inverno.
Tartufo nero estivo (Tuber Aestivum, scorzone)
Generalmente ha dimensioni fra 1 e 5 centimetri, raramente supera quelle di un uovo. L’esterno è rugoso, con piccole sporgenze piramidali, di colore scuro o bruno a completa maturazione. L’interno è giallastro/nocciola, spesso con ramificazioni più chiare o biancastre. L’odore è gradevole e ricorda quello dei funghi. È il tartufo più diffuso in Europa e si trova anche in Marocco ed in Azerbaijan. In Italia cresce da nord a sud su terreni principalmente calcarei, dalla pianura fino ai 1000 metri, maturando in estate.
Tartufo nero invernale (Tuber Brumale, trifola nera)
Si trova con pezzature dai 2 ai 9 centimetri circa, sia nel caso di crescita naturale che in tartufaia. Ha forma globosa più o meno irregolare, con peridio molto scuro o nero, di aspetto finemente rugoso. Gleba grigio-bruno o grigio-fumo, con venature biancastre non troppo fitte. Odore forte, gradevole, che può ricordare la nocciola in maturazione o la rapa. Matura da gennaio.
Tartufo nero moscato (Tuber Brumale variante Moschatum Ferry)
Esterno molto scuro, simile a quello del tartufo nero invernale, anche se meno rugoso. L’interno ha un colore beige-marrone, o arancio quando non ancora maturo, con venature chiare. L’aroma piccante e penetrante può ricordare il muschio o il sottobosco. Viene cavato da fine novembre fino a marzo.
Tartufo bianchetto (Tuber Borchii, Tuber Albidum Pico, Marzuolo)
Specie di tartufo bianco molto meno pregiata e molto meno costosa, ma comunque consumato in grandi quantità. Molto comune in Europa, è presente in tutta l’Italia. Corpo globoso o subgloboso privo di cavità, con dimensioni variabili da uno a dieci centimetri. Il peridio è molto sottile, liscio, con colore biancastro, o giallo/marrone chiaro, o giallo rossastro. Gleba bruna-violcea o bruna-rossastra con vene biancastre e bianco-rossicce. Aroma forte e piccante che richiama l’aglio. Cresce in inverno, soprattutto in terreni sabbiosi.
Tartufo nero liscio (Tuber Macrosporum)
Di grandezza non superiore ad un uovo, globoso o subgloboso, quasi liscio. L’esterno è nero o brunastro, a volte con macchie color ruggine. L’interno è biancastro-bruno, giallastro o marrone, con venature chiare, larghe e numerose, che diventano bruno-pallide a contatto con l’aria. Odore è spiccato e gradevole. Matura da settembre/ottobre a dicembre. Abbastanza raro in Italia.
Tartufo uncinato (Tuber Uncinatum Chatin, scorzone invernale)
Tartufo con peridio molto scuro e poco rugoso. La gleba può avere un colore dal nocciola scuro al cioccolato, a seconda della maturazione, con numerose venature ramificate e chiare. Odore forte e marcato che ricorda la nocciola. In Italia è più frequente al centro-nord, ad altitudini fino ai 1200 metri. Matura in autunno.
Tartufo nero ordinario (Tuber Mesentericum, tartufo di Bagnoli)
Di forma abbastanza regolare, aspetto globoso o subgloboso, a diametro variabile dai due ai dieci centimetri. Il peridio è nero o brunastro, la gleba giallastra, marrone o grigio-bruna, con venature chiare. L’odore ricorda il fenolo ed è alquanto intenso e penetrante; per questa sua caratteristica è molto richiesto dall’industria della lavorazione e della trasformazione alimentare.
ZONE DI RACCOLTA
L’Italia è uno dei maggiori produttori mondiali di tartufi, primeggiando anche nelle esportazioni, tanto che il bianco pregiato è noto nel Mondo anche come tartufo bianco italiano. Le zone più rinomate ed importanti per la produzione di tartufo bianco sono in Piemonte, particolarmente ad Alba e nelle province di Asti e Torino. Altre zone si trovano nel sud della Lombardia, nella fascia appenninica dell’Emilia Romagna, nelle province di Siena e di Pisa, nelle zone di Pesaro ed Urbino, nella provincia di Perugia ed in alcune aree di Abruzzo e Molise. Il tartufo nero è invece comune in tutta la penisola a seconda delle tipologie da zona a zona. Se il nord Italia, con epicentro nel Monferrato, è zona celebre per la produzione di tartufo fin dal Medioevo, di recente scoperta sono invece il Sannio, l’Irpinia, la Calabria, la Sicilia ed anche il potentino in Basilicata, sede nella nostra azienda agricola.
LA TUTELA DEL TARTUFO
La posizione di primo piano che l’Italia ha nel campo della produzione dei tartufi, nella loro trasformazione e nel loro uso in cucina e nell’industria alimentare, è stata costruita anche con un piano di valorizzazione e di tutela del prodotto. La legislazione, definita sia a livello nazionale che locale, prevede una serie di norme volte a preservare e difendere il delicato equilibrio alla base del ciclo vitale del tartufo. Oltre a fissare i periodi e le zone di carca, il grado di maturità permesso per la raccolta ed il numero di cani consentito, la legislazione enta anche nel dettaglio sui metodi e gli attrezzi utilizzabili. Inoltre i tartufai devo essere abilitati tramite corsi, esame e successivo rilascio del tesserino da cercatore. La valorizzazione è stata attuata con l’identificazione ed il riconoscimento delle zone di raccolta e produzione sul territorio italiano, a cui è seguita l’istituzione di marchi di qualità, sia per i tartufi che per i prodotti trasformati (oli, creme…). Per tutelare i tartufi più pregiati è stata messa in campo la tecnologia satellitare. Dalla collaborazione fra il centro Nazionale Studi del Tartufo e Telespazio è nato Verisat, un sistema di etichettatura intelligente che permette di tracciare e consultare, da qualsiasi smartphone, le informazioni di qualità stabilite al momento della certificazione del singolo tartufo.
Gamberone marinato e avvolto in pasta kataifi con filetto di tonno scottato in crosta di sesamo
Cestino di pasta fillo, con ripieno di crema pasticcera, pinoli e glassa al cacao
Cacio e pepe
Cacio e pepe e la sua cremosità, unite alla pasta mancini. Il segreto oltre alla qualità della pasta, e’ non cuocere il pecorino ma farlo sciogliere a freddo…
Pâtisserie française
21 dolci da provare almeno una volta nella vita
Nota in tutto il mondo per la sua tradizione, la cucina francese sorprende nella pasticceria: un’arte dalle origini sia aristocratiche che contadine, le quali, intrecciandosi tra loro nel tempo, hanno dato vita a inimitabili creazioni culinarie. la pasticceria francese è un’arte dalle origini sia aristocratiche che contadine È attribuibile al Medioevo la nascita dei primi dolci: a quest’epoca risalgono il blanc-manger, le crêpes, i flan o ancora i croissant. Successivamente, con il matrimonio di Caterina de’ Medici con Enrico II, fanno la loro comparsa i primi gelati, nonché la pasta choux invenzione di Popelini, celebre pasticciere italiano e nel XVII secolo. Con l’importazione del cioccolato, nelle feste di Versailles è possibile gustare torte a più piani con crema chantilly. L’apice dello sviluppo lo si raggiunge nel XIX secolo quando Antoine Carême pubblica l’opera Il pasticciere reale, il manuale per eccellenza della pasticceria francese. Vediamo nel dettaglio i dessert i cui nomi non hanno bisogno di traduzione perché famosi in tutto il mondo, 21 dolci francesi da provare almeno una volta nella vita o nel vostro prossimo viaggio in Francia.
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1
Macaron: tra i più antichi, pare che che siano stati inventati nel convento delle suore orsoline di Saint-Emilion in Aquitania, intorno al 1630. Sono piccoli dolcetti colorati composti da due meringhe unite tra loro da una gustosissima ganache.
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2
Profiterole: un’istituzione francese, un dolce tradizionale che non passa mai di moda. Una piramide realizzata con bignè di pasta choux ripieni di crema o panna e ricoperti di glassa al cioccolato. In realtà molte possono essere le versioni, tra le più note il ripieno di crema pasticcera, di crema chantilly, di gelato o di crema alle nocciole, mentre la glassatura varia tra il cioccolato bianco e i frutti di bosco.
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3
Saint Honoré: dolce nato per mano del pasticciere Chiboust in onore del vescovo di Amiens nel 1846, santo patrono dei pasticcieri. È la torta per eccellenza utilizzata nelle cerimonie ufficiali: un’elaborata delizia composta da un impasto a base di pan di Spagna imbevuto nel Maraschino con aggiunta di una base di sfoglia croccante e una ricca farcitura di crema pasticcera, crema Chantilly, crema al cioccolato decorata con bignè.
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4
Tarte tatin: come spesso accade in gastronomia, sembra che questa prelibatezza derivi da un errore in cucina, ma se i risultati sono questi, ben venga! È una torta di mele a base di pasta brisée, rovesciata, dove le mele (preferibilmente renette) sono caramellate con un composto a base di burro e zucchero, prima della cottura: cioè rende assolutamente inimitabile la fragranza del dessert.
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5
Crème brûlèe: un tradizionale dolce al cucchiaio delicato e succulento. La crema fatta con uova, zucchero e latte (o panna) è ricoperta da un delizioso strato di zucchero croccante ed è cotta a bagno maria. Da provare anche le varianti con crema al torrone, caffè, vaniglia o quella aromatizzata al rum o al brandy.
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6
Crêpes suzette: un ottimo dessert al profumo di agrumi. Semplicissima la preparazione: burro, farina, latte, uovo e un’arancia, questi gli ingredienti di favolose crêpes farcite con una deliziosa salsa agli agrumi.
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7
Èclair: un pasticcino di pasta choux dalla forma affusolata, ricco di crema alla nocciola, al caffè o alla panna, ricoperto poi da una consistente glassa che ne esalta la friabilità dell’impasto. Molte le varianti del ripieno: le più apprezzate sono la crema al pistacchio, al rum, alle nocciole o alla frutta.
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8
Île flottante: l’isola galleggiante è uno dei classici della pasticceria francese, un dolce al cucchiaio soffice e cremoso. Un dessert molto elaborato, anche se fatto con semplici ingredienti, che si presenta come una meringa cotta nel latte, distesa su un letto di crema inglese.
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9
Gateau Opera: deliziosa e raffinata; un dessert dal sapore intenso, deciso, profumato. Una torta di mandorle fatta a strati imbevuti di caffè e liquore, farcita con ganache e crema al caffè, piacevolmente ricoperta da una glassa al cioccolato.
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10
Pesca Melba: un dolce inventato nel 1899 da Auguste Escoffier in onore di un soprano australiano di nome Nellie Melba. Una fresca carezza per il palato: pesche distese su un letto di gelato alla vaniglia, accarezzate da un composto di lamponi.
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11
Soufflè: un vanto della cucina francese, esiste sia dolce che salato. Cotto al forno, al palato si presenta soffice e spumoso, con una leggera crosta che racchiude un cuore morbido di crema di latte, uova e burro. Proprio per la delicata fase di cottura, non è un dessert di semplice realizzazione.
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12
Cannelés: indimenticabili dolcetti del bordolese al caramello, fatti prevalentemente con rosso d’uovo, il cui impasto è aromatizzato al rum e alla vaniglia. Per ottenere un ottimo risultato, è necessaria una meticolosa preparazione che preveda determinati accorgimenti tra cui il riposo dell’impasto per 24 ore, affinché il dolce possa raggiungere la giusta fragranza.
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13
Croquembouche: ideato dallo chef Marie-Antoine Careme, è un dessert fatto da una montagna di bignè ripieni di crema diplomatica o crema pasticcera, incollati golosamente tra loro da irresistibili fili di caramello, la cui altezza può variare dai 20 cm a 1 m. Per il suo aspetto si presta a essere gustato soprattutto nelle feste di Natale.
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14
Madeleine: dalla Lorena, dolcetti morbidi e delicati a forma di conchiglia. Si dice che ammaliarono il palato del Re Luigi XV che gli diede il nome della pasticcera che le inventò, Madeleine Paulmier.
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15
Financier: piccoli dolcetti rettangolari simili alle madeleine dove il beurre noisette (burro fuso direttamente in un tegamino fino a che non raggiunge un colore nocciola), la farina di mandorle e qualche lampone, ne rendono unico il sapore. Ideali se serviti con frutta fresca, panna o gelato in estate, sono ottimi in inverno per accompagnare una piacevole tazza di tè.
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16
Pain au chocolat: non sono altro che deliziosi croissant di pasta dolce francese al cui interno riposano gocce cioccolato. La genuinità degli ingredienti, tra cui il burro, riesce a donare un sapore inconfondibile al saccottino che accompagna il risveglio di molti francesi.
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17
Pain aux raisin: in italiano, girelle alla crema e uvetta. Un dolce soffice e profumato, fatto di pasta viennoise.
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18
Paris-brest: una ciambella di pasta choux, inventato nel 1891 in occasione della gara ciclistica Paris-Brest-Paris, non a caso la sua forma richiama una ruota di bicicletta. È un dolce servito in molte varianti, sia nel il ripieno che nella forma. Quella classica è una ciambella ricoperta da scaglie di mandorle farcito con crema al cioccolato gianduia.
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19
Millefoglie: un dessert unico, delicato, croccante, morbido e profumato. 4 strati di pasta sfoglia uniti tra loro da un’impeccabile crema pasticcera alla vaniglia, elegantemente ricoperti, in ultimo, da una delicata crema chantilly.
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20
Religieuse: piccole e dolci sculture di pasta di choux o éclair ripieni di crema al caffè, cioccolato o vaniglia, glassati con zucchero che ricordano il copricapo papale.
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21
Savarin: un dolce da forno, di origine ottocentesca, simile apparentemente al nostro babà anche se ne differisce sia per forma che per consistenza: è ripieno al suo interno di panna e l’impasto è ideale per essere farcito e guarnito con crema chantilly, frutta fresca, frutta candita, confettura, cioccolato.
Cucina francese 2
